E’ una di quelle notti. Non è la prima e non sarà l’ultima. Procedo nelle ore a pisolini come un neonato e l’alba mi troverà stremato. Che io sia a casa accanto a mia moglie o in una camera d’albergo come oggi, quando arriva, prego che non venga seguita da altre gemelle.
Accendo la luce, apro il libro, compagno di trasferte e nottate infinite.
Bussano alla porta. Qualcuno avrà chiesto compagnia e avranno sbagliato camera.
“Tommaso? E tu che ci fai qui? Anche tu per la fiera?”
“Ti cercavo.”
“A me? Alle due di notte? Mi hai visto oggi in giro per i padiglioni? Vabbè, ma non stare sulla porta, vieni dai, entra.” Che ci farà mai qui Tommaso, mi chiedo facendogli strada.
“Quanto tempo. Ma Tu senti ancora qualcuno della classe? Io, Giorgio e Andrea. Ci vediamo spesso anche con le mogli”, gli dico mentre lui mi passa davanti e si siede sulla poltrona di fronte al letto.
“Noi abbiamo un discorso aperto” dice bucandomi gli occhi.
“Noi? Ma se alle superiori avremo scambiato dieci parole al massimo. Non è che mi confondi con Carbone? Anche i professori ci scambiavano sempre?”
“No. Sei tu che sei confuso. E’ vero non ci sono stati molti scambi verbali tra noi ma gli sguardi?”
“Quali sguardi Tommaso? Tu stavi sempre con i ripetenti e io coi secchioni. Tu in classe eri sempre all’ultima fila a guardare fuori silenzioso e quando uscivamo andavi sempre via di corsa avvolto nel tuo Moncler rosso sul tuo vespino bianco con un cupido stelle e strisce sulla chiappa. Anche alle feste, non stavi mai con noi. Ti guardavo ascoltare la musica ballando un tempo tutto tuo e poi mi facevi così ridere quando senza farti vedere ti abbuffavi di pizzette rosse. Smettevi appena qualcuno ti guardava. Non ti piaceva essere guardato. Non volevi essere visto. Ma io ti vedevo.”
“E mi hai sempre aspettato. Ogni notte che sei rimasto sveglio eri me che cercavi, non riuscivi a trovarmi. A trovarti. Stanotte sono qui.”
Tommaso si alza, si avvicina. Che fa? Mi accarezza il viso. Mi bacia le palpebre. Mi sfiora le mani. E’ impazzito è ubriaco è fuori di testa. E’ caldo è accogliente è bello. Lo è sempre stato. I suoi ricci mi cadono sulla fronte e le labbra trovano le mie pronte ad assaporarle. Le mani cercano timide. I corpi si muovono come se conoscessero la strada di casa.
La sveglia mi trova nudo e soddisfatto.
“Pronto Giorgio, sono Luca. Per caso hai il numero di Tommaso?”.
2 risposte
Bella storia che si distingue per la sensibilità e la capacità di far emergere la bellezza nelle relazioni umane.
grazie Sebastian. A volte conoscerci richiede molto tempo. Poi ne serve altro per accettarci.