Pensieri A Raffica: Il Mio Cervello in Evidenza (Riflessione #901)

Marche Natalizie: Risate e Delizie

Cari amici e Fedeli Lettori, amanti del cibo e aspiranti chef, oggi prenderemo parte a un tour gastronomico nelle magiche Marche, terra di sapori e tradizioni. Immaginatevi catapultati in un luogo da favola dove il cappone è una superstar, le fritture assomigliano a microscopiche confezioni regalo, e i vincisgrassi regnano su tutto ciò che è proibito. Ma aspettate, c’è di più. Verso la fine, vi farò conoscere qualcosa di ancor più dolce e ancor più segreto, una sorta di Willy Wonka marchigiano in grado di farvi assaporare l’estasi di quella che considero la regione più rispettosamente originale di tutta Italia.

Riflessione #901

Ah, la cucina marchigiana, quel tripudio di sapori che è un trip sensoriale attraverso colline e valli, e che in pochi hanno il privilegio di intraprendere, ben consci di sapere dov’è che si va ma non quando si torna. Nel corso dell’anno (in special modo durante le festività natalizie) questa bella, verde e luminosa terra di nessuno incastrata da qualche parte al centro dell’Italia, si trasforma in una trance gastronomica dove ogni piatto è un inno alla tradizione, e ogni momento vissuto a tavola è un atto d’amore per il buon cibo, il buon vino e lo stare bene insieme.

Iniziamo da lui, l’indiscusso big del secondo periodo dell’anno che preferisco: sua maestà il cappone. Questo pollastro di quasi tre chili non è soltanto un volatile, ma la rockstar della tavolata natalizia. Le sapienti mani della matrona di casa lo preparano e farciscono con così tanto amore e pazienza, che il caro estinto sembra debba partecipare a un talent show culinario. Dalle nostre parti lo si trova praticamente dappertutto e in versioni diverse: arrosto, farcito di ogni ben di Dio, e in alcune località anche lesso o in brodo. Potremmo addirittura vederlo riprendere vita e ballare sul piatto da portata.

Poi arrivano loro: creme fritte e olive fritte, il duo per eccellenza. Le prime sono bocconcini di crema pasticcera avvolti in una panatura croccante e dorata, che danzano sulla lingua alla melodia di un valzer dal retrogusto vanigliato; mentre le seconde sono audaci acrobate del colesterolo, cuore di carne avvolto in un’oliva, il tutto racchiuso in un tripudio di croccantezza e frittura. Stiamo assistendo a un numero dove dolce e salato si esibiscono in una performance che soltanto questi due capisaldi del finger food riescono a rendere spettacolare. Un paio di morsi e puoi già dire addio alla prova costume.

E adesso passiamo al top dei primi: gli eterni vincisgrassi (lasagna, per i puristi). Infiniti strati di sfoglia imbottiti di ragù, besciamella e carne tritata grossolanamente; un delirio inondato di formaggio, sia fuso che grattugiato (alla faccia del pudore perduto, crepi l’avarizia). Immagina, Fedele Lettore, un dramma culinario dove la pasta balla col ragù, la besciamella fa la sua mossa cremosa, e il formaggio segna i punti. Ogni forchettata è un’esplosione di sapore nel vero senso della parola; una produzione cinematografica diretta dalla nonna, che, come al solito, si assicura che tu non abbia mai ad avere il piatto vuoto.

Per concludere, non possiamo non parlare del dolce: il fistringo, bomba iperglicemica che riesce a soddisfare i palati più esigenti. Puoi tranquillamente immaginartelo come il connubio ideale tra dolcezza e tradizione, amalgamato in un soffice e profumato ciambellone guarnito di mandorle, noci, uvetta e fichi. Nonostante venga tutt’ora definito “piatto povero” (nella tradizione contadina era il pasto ideale per ritemprare il corpo dopo un’estenuante giornata di lavoro nei campi) la sua consistenza delicata è paragonabile a una carezza, mentre l’aroma zuccheroso della frutta con la quale viene decorato è un tuffo con tutte le scarpe in un’atmosfera natalizia squisitamente particolare.

In sintesi, Fedele Lettore, la cucina marchigiana, specie a Natale, è una cacofonia di tradizioni, creatività e amore incondizionato (senza contare i chili messi su). Ogni pietanza è in grado di trasmettere il calore e la gioia di questa meravigliosa stagione. E a fine pasto, seduto a tavola con lo stomaco pieno e un sorriso a trentadue denti stampato sul faccione rosso d’emozione (o per una sbornia prematura), capisci che parte di quella magia che ci fa sentire piccoli e meravigliati davanti a tanto è nascosta proprio nel piatto che, chi ci vuole bene, si assicura sempre che sia pieno.

Per finire (nel modo giusto)

Mi rendo conto di non aver descritto proprio tutto tutto a proposito delle tradizioni che contraddistinguono gli sbandati come me dal resto del mondo civilizzato. Potrei parlare degli antipasti (sottaceti come se piovesse, e cracker ricoperti di pasta d’acciughe e maionese); di molti altri primi (tagliatelle grondanti sugo, e cannelloni carichi di condimento peggio di una contraerea); di molti altri secondi (agnello rigorosamente alla brace, e bracioline di maiale arrostite); e di molti altri dolci (i cavallucci, deliziosi biscottoni ripieni a base di mosto e sciroppo di sapa, o i biscotti del pescatore, zeppi fino all’inverosimile di frutta secca tritata).

Potrei parlare delle estenuanti partite a carte (guerre spietate tra familiari al grido di briscola, scopa, scala quaranta, ramino o sette e mezzo) al termine delle quali c’è chi si ritira sconfitto, e chi si strofina le mani soddisfatto e con le tasche piene di caramelle. Giornate così durano dalle quattro alle otto ore (peggio di un matrimonio al quale dobbiamo andare per forza) dopodiché, quando tutto sembra finito, apparecchiamo di nuovo la tavola e ci sediamo per un bis fuori programma, ma sempre sentito e rispettato nel nome di ciò che è giusto mandare giù per non sprecare nulla.

Ce ne sarebbero di cose da dire, ma non voglio trattenerti. Tuttavia, se la tua curiosità in fatto di diete tutt’altro che sane è incontenibile, ti consiglio di fare un salto al ristorante pizzeria Belvedere di Monteleone di Fermo (a due passi da casa mia), un localino stupendo come pochi e specializzato nella cucina marchigiana. Ad attenderti troverai Dino, cuoco virtuoso, il cui tocco trasforma ogni pietanza in un’opera d’arte. Le sue creazioni sono sinfonie di sapori, a cui seguono deflagrazioni di gustosità e bontà per il palato che ha l’onore di entrare in un luogo tanto incantevole quanto accogliente.

Visto che siamo in tema, che dire delle ragazze in sala, in particolare Laura? La professionalità e la gentilezza di questa ragazza è la ciliegina sulla torta, perché rende l’esperienza al Belvedere non solo deliziosa, ma anche impeccabile. Laura (novella sposa nientemeno che dello chef) con il suo sorriso e un’infallibile attenzione ai dettagli, tramuta ogni pranzo e ogni cena in un momento che vale la pena essere ricordato, raccontato e condiviso con chiunque voglia staccare la spina e godersi le cose semplici della buona cucina. Provare per credere, signori. E ricordate: se bene vuoi mangiare, da Dino devi andare.

P.S.
Dino e Laura, grazie per la candelina di compleanno.

Dino sei divino (questa è tutta roba sua, eh!)

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4 risposte

  1. Posso dire che conosco Sebastian come scrittore dai precedenti suoi racconti che ho letto e ritrovarlo qui mi fa molto piacere. Le sue storie e i suoi pensieri sono scritti in maniera bellissima e hanno senso e, fanno riflettere e ridere e fanno compagnia al mio gruppo di lettura. Comunque non ci si può aspettare altro da uno scrittore che farà tanta strada……..buone feste

    1. Gloria, che manchi tu nell’aria… le tue belle parole sono persino migliori delle presine da forno che ho ricevuto a Natale. Le mie eclettiche personalità multiple vorrebbero ringraziarti una per una ma, per una questione di tempo, ci impegheremmo una vita. Perció, e credo di parlare a nome di tutte loro, grazie mille e infinite per il sentimento che hai espresso nei confronti miei e di quello che scrivo. Che tu e il tuo gruppo di lettura possiate trascorrere le feste e iniziare il nuovo anno nel modo migliore e originale che riesca a farvi sognare e dare il meglio di voi!

  2. Punto 1: ho preso 3 kg alla fine del blog
    Punto 2: non dimenticare l’insalata russa che a cucchiaiate di Maionese fa la sua porca figura
    Punto 3: al Belvedere mangi prima con gli occhi e poi con la pancia…????????
    Punto 4: non mangerò più cappone senza immaginarlo ballare sul tavolo…..

    1. Sacrosanta ragione, Cristina! Mi son dimenticato l’insalata russa. Pur non conoscendo la lingua, tenterò di rimediare. Comunque, hai ragione: al Blevedere ti sazi con una prima occhiata al menù. Riguardo ai 3 kg presi, il cappone e io decliniamo ogni responsabilità ???? Happy Holiday

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