“Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry – Capitolo X

Obbedire alla ragionevolezza…

L’autorevolezza del sapersi giudicare.

 

Il Piccolo Principe sembra trovarsi quasi per caso in una regione di asteroidi contrassegnati da soli numeri. E, di fatto, l’elemento quantitativo-numerico avrà una forte componente anche nei prossimi capitoli. Egli, dunque, decide di visitarli per cogliere l’occasione di imparare cose nuove, esplorando realtà nuove, e anche per avere qualcosa da fare.

Approdato sul primo di questi pianeti, egli subito, suo malgrado, si ritrova suddito di un re, governatore assoluto di un regno senza sudditi. A questo re, dunque, non sembrava vero di avere qualcuno sul quale esercitare la sua autorità. Sovrani non si nasce, ma lo si diventa e un’autorità è autentica solo quando è esercitata non sulla testa di qualcuno, ma a servizio della vita delle persone. Questo re non ha appreso l’arte del buon governo che consiste nell’autorevolezza e nella saggezza di chi sa dare ordini ragionevoli. In qualche modo, il Piccolo Principe gli trasmette questo insegnamento quando lo porta a rendersi conto che non è possibile che qualcuno comandi qualcosa che sia contro la natura delle cose.

L’imperatore dell’asteroide 325 appare un po’ impacciato quando, dapprima, ordina tutto e il contrario di tutto al principino e, poi, fa una magnifica lezione sulla ragionevolezza dell’obbedienza. Il monarca si rivela, a un tratto, come un’autorità consapevole di esercitare potere su tutto il niente davanti al quale può metterlo la libertà di qualcun altro. Non solo, egli non può avere potere sulle leggi naturali e può considerarsi obbedito  solo quando – e nella misura che – egli stesso vi obbedisca. Il Piccolo Principe, infatti, vuole vedere un tramonto del sole, ma il re dovrà aspettare il calar del sole nella sua ora per concedergli questa grazia. Il re si nasconde dietro la teoria delle “condizioni favorevoli”, ma, in realtà non avrebbe potuto fare altrimenti.

C’è troppa distanza tra le voglie del principino appena eletto ministro della giustizia e ambasciatore di quel regno e la saggia e prudente attesa degli avvenimenti da parte del re. Entrambi, ormai destinati alla separazione, devono ancora crescere nel più grande atto di giustizia che consiste nella capacità di giudicare bene, con giusto giudizio, innanzitutto se stessi e le cose della propria vita.

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