Rischiare sì, raschiare no…
La differenza tra rischiare e raschiare non consiste in un semplice gioco di parole, ed emerge nella sua scottante verità da un passaggio del dialogo che fra Cristoforo intrattiene con Renzo. La frase è concisa, ma potente:
“Non rivangare quello che non può servire ad altro che a inquietarti inutilmente”.
La concisione e la potenza di queste parole trasudano dalla vita di un uomo che, come abbiamo potuto vedere, in prima persona ha sofferto il male di raschiare il fondo della sua coscienza non trovandovi che solitudine e disperazione, fin quando non è intervenuta per lui l’esperienza del perdono. Il suo, beninteso, non è un invito alla superficialità, ma a quella sana rinuncia a non volersi arrecare ulteriori mali in aggiunta a quelli che già rendono, per se stessa, la vita pesante come un macigno.
Il rischio, tuttavia, c’è ed è molteplice; infatti, oltre al pericolo di risultare superficiali agli occhi degli altri, potrebbe accadere di decentrarsi dalle crisi più autentiche che infiammano la vita. Da dove attingere, dunque, la dose di coraggio necessaria per prendere sul serio le questioni “vitali” dell’esistenza, senza prendere troppo sul serio il proprio parere del momento?
La risposta non è a portata di mano, ma consiste in una relazione di confronto con qualcuno, altro da me e pur umano con me e come me, che mi faccia da specchio. Da qualche parte c’è scritto: “Come nell’acqua un volto riflette un volto, così il cuore dell’uomo si riflette nell’altro”. Tale confronto potrebbe risultare doloroso, perché spesso l’altro ci rimanda cose che non riusciamo ad ammettere nemmeno a noi stessi, perché semplicemente non le vediamo o perché, per non soffrire, facciamo finta che non esistano.
Quando l’altro ci rimanda qualcosa di noi, allora, la prima reazione potrebbe essere quella di respingerlo per non assecondare una crisi che, invece, potrebbe essere una benedizione. Per esempio, qui, Renzo non riesce a vedere che le energie che sta sprecando a rimestare nella sua coscienza le possibilità sfumate o non realizzabili stanno prendendo il sopravvento sul suo stesso amore per Lucia.
Caro Renzo, quanto doloroso sarà stato per te accettare che il pensiero delle cose possibili e non realizzate t’ha inquietato al punto da prevalere sulla ragione stessa del tuo agitarti, che è il tuo amore per Lucia. Coraggio, Renzo, ascolta i consigli di chi, senza alcun interesse se non quello del tuo e del vostro bene, t’invita a non startene aggrovigliato in quella sorta di solipsismo che uccide le relazioni amate. Corri il rischio di apparire superficiale ma di arrenderti alla realtà del tuo essere prima di ogni cosa amato e innamorato, piuttosto che raschiare il fondo di te stesso, venire riconosciuto pure come una persona profonda, ma perdendo di vista l’essenziale della vita che è l’amore. Se farai così, la tua inquietudine sarà benedetta: “Inquietum est cor nostrum…”. Un’inquietudine narrante.
