Il confine tra affermazione autorevole e plagio…
Il contesto della frase, che ispira il commento seguente, richiama l’originarsi della “vocazione religiosa” di Gertrude. La storia narrata, anzi rinarrata, dal nostro Alessandro, fornendo una lunga parentesi che dettaglia la descrizione del dramma personale vissuto da Gertrude sin da fanciulla, mette in evidenza, piuttosto, una “vocazione indotta”. Si sa che quanto esce dall’aura della libertà umana, non può essere portato avanti con amore, anche se dovesse durare per tutta la vita.
A tale “inferno esistenziale” è stata condannata Gertrude: ella diventerà la “potente”, ma infelice, “Monaca di Monza”. L’ecclesiastico, a suo tempo incaricato di sondare la veridicità della presunta vocazione della ragazza, aveva percepito segnali non buoni nella maniera di addurne le motivazioni da parte del padre di Gertrude, ed è proprio circa quest’ultimo, in rapporto alla povera figliola, che egli pensa tanto sagge parole:
“…ma ben di rado avviene che le parole affermative e sicure d’una persona autorevole, in qualsivoglia genere, non tingano del loro colore la mente di chi le ascolta”.
Estrapolando e attualizzando questa massima, rimane ostico non sottoscriverle. Le parole, che pur hanno una forza intrinseca, assumono ancor più valore e possono perciò essere percepite come verità in base a chi le proferisce, a come sono pronunciate e in quale condizione esistenziale si trovi chi le ascolta. Per raggiungere il loro effetto o, per usare una terminologia affine allo scritto manzoniano, la loro “coloritura”, hanno bisogno di una contestualità, di una contemporaneità, di tutte queste istanze.
Il problema davvero rilevante è, però, che una così dirompente capacità carismatica potrebbe, purtroppo, tingersi dei colori del plagio, e dunque della manipolazione e della sopraffazione, nei confronti della persona che ascolta. Gertrude era stata convinta da parole adulatrici e il risultato è quello di una sconfitta, che le sottrae, in radice, ogni possibilità di costruire la sua personale, quanto universale, vocazione al meglio della vita relazionale.
Povera Gertrude diventata, a scapito della sua iniziale sensibilità e profondità d’animo, quella monaca che sembra non saper far altro che ricamare parole improntate all’asprezza. È l’isterismo, e forse anche la schizofrenia, di chi non si percepisce mai al posto giusto, nel momento giusto, con le persone giuste. Ciò non fa altro che allargare il divario tra sé e la propria realizzazione personale, rovinando, come in un “effetto domino”, sulla vita altrui, producendo soltanto macerie relazionali.
Il triste grigiore della tua vita, cara Gertrude, ti ha impedito di colorare di bene, di bello e di vero la vita delle persone che hai incontrato; la tua vicenda, almeno, possa servire a chiunque oggi sia esposto a subdole situazioni di plagio, perché, esprimendosi in una libertà “liberata”, piena e autentica, possano divenire portatrici sane di una vocazione narrante.