Ciao Davide, grazie per averci dedicato il tuo tempo. Potresti raccontare ai nostri lettori chi sei e qual è il tuo percorso artistico?
Certamente, è un piacere condividere la mia storia. Sono Davide Uria, nato l’11 febbraio 1987 a Trani, una città che con il suo mare e la sua storia ha sempre ispirato la mia creatività. La mia formazione artistica è iniziata all’Accademia di Belle Arti di Bari, dove ho conseguito la laurea in Pittura. Tuttavia, sentivo che l’arte visiva non era l’unico mezzo attraverso cui potevo esprimere le mie emozioni e le mie riflessioni. Così, ho intrapreso un viaggio attraverso la poesia e la saggistica, cercando di intrecciare parole e immagini in un dialogo continuo. Ho anche approfondito le dinamiche digitali e il web marketing, per fondere la mia sensibilità artistica con le moderne tecniche di comunicazione.
L’arte è il fulcro della tua formazione, ma hai esplorato anche la poesia e la saggistica. Cosa ti ha spinto a intraprendere questi percorsi paralleli?
L’arte, in tutte le sue forme, è per me un mezzo per esplorare l’animo umano e il mondo che ci circonda. La pittura mi permette di esprimere ciò che le parole non riescono a catturare, mentre la poesia dà voce a sentimenti e pensieri profondi. La saggistica, invece, mi offre l’opportunità di analizzare e comprendere concetti complessi, rendendoli accessibili a un pubblico più vasto. Questa multidisciplinarità mi consente di creare un dialogo tra diverse forme espressive, arricchendo sia la mia arte che la mia comprensione del mondo.
Il tuo percorso artistico è iniziato con la raccolta poetica “A cosa serve un cuore?”. Da dove hai tratto ispirazione per questa opera?
“A cosa serve un cuore?” è nato in un periodo di profonda introspezione. Le esperienze personali, le relazioni e le sfide quotidiane hanno alimentato la mia scrittura. Ero ispirato dalla necessità di comprendere e dare voce alle emozioni più intime, esplorando temi come l’amore, la perdita e la ricerca di sé. La poesia è diventata un rifugio, un mezzo per connettermi con gli altri su un piano emotivo condiviso.
Nel corso degli anni hai pubblicato diverse opere. Quale senti che ti rappresenta maggiormente?
Ogni opera riflette una fase diversa del mio percorso artistico e personale, ma “Panacea. Al di là dell’abisso” occupa un posto speciale nel mio cuore. Questo progetto, realizzato in collaborazione con l’illustratrice Mariateresa Quercia, unisce poesia e illustrazione, creando un dialogo armonioso tra parola e immagine. È stato un esperimento riuscito di contaminazione artistica, che ha ricevuto riconoscimenti positivi, tra cui una segnalazione da parte di Artribune.
Parliamo della tua ultima opera, un saggio intitolato “Lucio Fontana spiegato a mia nonna: Perché i tagli sono opere d’arte”. Il libro inizia con un dialogo con una nonna immaginaria. Perché hai scelto questa figura?
La figura della nonna rappresenta per me la saggezza popolare e la curiosità genuina. Volevo rendere l’arte contemporanea accessibile a tutti, utilizzando un linguaggio semplice e coinvolgente. Immaginare una conversazione con una nonna mi ha permesso di spiegare concetti complessi in modo diretto e affettuoso, abbattendo le barriere che spesso separano il grande pubblico dall’arte moderna.
Sostieni che Lucio Fontana sia uno degli artisti che ha maggiormente “rotto con la tradizione”. Cosa vedi nelle sue opere?
Lucio Fontana ha rivoluzionato il concetto di arte introducendo lo “spazialismo”. I suoi celebri “tagli” non sono semplici incisioni sulla tela, ma aperture verso una nuova dimensione, un invito a guardare oltre la superficie. Attraverso questi gesti radicali, Fontana ha sfidato le convenzioni artistiche, proponendo una nuova percezione dello spazio e della materia. Le sue opere incarnano una rottura con la tradizione e una spinta verso l’innovazione e la sperimentazione.
Insegni disegno e storia dell’arte presso l’Università della Terza Età di Trani. Come descriveresti l’approccio dei tuoi studenti all’arte?
Insegnare all’Università della Terza Età è un’esperienza profondamente arricchente. I miei studenti portano con sé una vasta gamma di esperienze di vita e una curiosità inesauribile. Per molti di loro, l’arte rappresenta una nuova scoperta, un modo per esprimersi e per mantenere la mente attiva. Apprezzano l’opportunità di esplorare la creatività senza pregiudizi, e spesso le loro interpretazioni sono fresche e sorprendenti, offrendo nuove prospettive anche a me come insegnante.
Qual è il tuo stile di scrittura preferito? Ti approcci con lo stesso stato d’animo sia quando scrivi saggi che poesie?
La poesia e la saggistica richiedono approcci differenti. Nella poesia, mi lascio guidare dall’intuizione e dall’emozione, cercando di catturare l’essenza di un momento o di un sentimento con parole concise ed evocative. La saggistica, invece, richiede un’analisi più razionale e strutturata, dove l’obiettivo è comunicare idee complesse in modo chiaro e accessibile. Tuttavia, in entrambi i casi, cerco di mantenere una voce autentica e di creare una connessione sincera con il lettore.
Preferisci scrivere in base a obiettivi prefissati o lasciarti guidare dall’ispirazione del momento?
La mia scrittura è un equilibrio tra pianificazione e spontaneità. Mentre alcuni progetti nascono da idee ben definite e seguono una struttura precisa, spesso mi lascio trasportare dall’ispirazione del momento. Credo che la vera magia creativa risieda nella capacità di ascoltare le proprie emozioni e tradurle in parole, permettendo all’arte di fluire liberamente.
Cosa desideri che il lettore provi al termine della lettura di un tuo libro?
Al termine della lettura di un mio libro, spero che il lettore si senta arricchito e toccato nel profondo. Vorrei che le mie parole suscitassero riflessioni intime, emozioni autentiche e una nuova consapevolezza. Auspico che ogni lettore possa trovare nelle mie opere uno specchio delle proprie esperienze, un conforto nelle proprie inquietudini e una scintilla di ispirazione per il proprio percorso personale.
Una risposta
“Auspico che ogni lettore possa trovare nelle mie opere uno specchio delle proprie esperienze, un conforto nelle proprie inquietudini e una scintilla di ispirazione per il proprio percorso personale.” Non è proprio questo il ruolo dell’arte e dell’artista? Rendere universali momenti e luoghi personali.
Grazie Davide per aver condiviso con noi il tuo percorso.