ll 27 luglio è arrivato puntuale e senza sorprese il nono aumento consecutivo dei tassi di interesse nella zona euro, un cammino iniziato esattamente un anno fa per contenere l’inflazione ormai vicina alla doppia cifra. Oggi è scesa al 5,5% (dato di giugno), ma per la Banca centrale europea è ancora troppo elevata e quindi il Consiglio direttivo alza i tassi di altri 25 punti base, portando quello principale al 4,25%. Ma c’è una novità: da qui in poi si naviga senza indicazioni sul futuro, guardando esclusivamente ai dati che arriveranno nelle prossime settimane. Nella riunione di settembre, quindi, tutto è possibile: un rialzo o una pausa, ma certamente non un taglio, ha chiarito la presidente Christine Lagarde.
Al termine dell’ultima riunione del Consiglio direttivo prima della pausa estiva, Lagarde ha spiegato la decisione del board soffermandosi molte volte sul concetto di “dipendenza dai dati”. E’ un cambio di paradigma rispetto al passato, perché sparisce ogni riferimento allo sforzo ancora da compiere. “Ora ci muoviamo in un territorio dove dipendiamo dai dati, e sulla base di quello determiniamo se rialziamo o se ci fermiamo. Ma certamente non tagliamo”, ha sottolineato la presidente. A settembre, quindi, “può esserci un rialzo o una pausa, ma una pausa potrebbe non essere per un periodo esteso, perché dipende dai dati”. Una posizione che ha “l’assoluto sostegno del Consiglio direttivo”.
Il cambio di rotta è stato possibile perché gli effetti dei rialzi passati si stanno vedendo con chiarezza. Lagarde li ha elencati: le prospettive a breve termine dell’attività economica si sono deteriorate molto, a causa della domanda più debole che pesa sulla manifattura, e anche gli investimenti mostrano segni di peggioramento. I servizi restano forti ma si sta perdendo slancio. L’economia, insomma, resta debole a breve termine, e anche se il mercato del lavoro per ora è robusto, con la disoccupazione ai minimi, alcuni indicatori mostrano che il trend può rallentare a causa del calo della manifattura. Tutti aspetti che non stupiscono la Bce, ma anzi sono il segnale che la politica monetaria si sta trasmettendo con forza all’economia, contraendo il credito a livelli record e raffreddando la domanda. “Stiamo facendo progressi, l’inflazione sta scendendo”, e “sono sicura che le persone quando fanno shopping si accorgono che i rincari non sono quelli di 6-7 mesi fa. Ma è abbastanza? Non troppo“, ha spiegato la presidente, ricordando che l’obiettivo è “spezzare la schiena all’inflazione”.
La Bce prevede che i prezzi continueranno a calare anche nel resto dell’anno, ma l’inflazione “resterà sopra il target per un periodo esteso”, e in particolare quella di fondo “resta alta”. C’è poi sempre il rischio che i fattori geopolitici la facciano impennare di nuovo, come il ritiro della Russia dall’accordo per l’esportazione del grano tramite corridoi sul mar Nero. L’aumento dei tassi di 25 punti era già ampiamente scontato dal mercato e Telemutuo ricorda che proprio per questo l’Euribor era già salito a luglio. Il nuovo intervento sul costo del denaro potrebbe quindi avere ripercussioni abbastanza limitate sulle rate dei mutui. Non proprio una grande consolazione perché, ricorda Mutuionline, da gennaio 2022 la rata di un finanziamento a tasso variabile a 30 anni è già cresciuta del +69,9%. Sulle banche peserà un’altra decisione presa a sorpresa dalla Bce. Il Consiglio direttivo ha azzerato la remunerazione dei depositi che le banche dell’Eurozona sono obbligate a mantenere presso Francoforte e che finora rendeva annualmente il 3,5%. La scelta di non pagare più nulla costerà agli istituti europei circa 5,4 miliardi di euro in mancati interessi, secondo una stima di Bloomberg.
(Fonte: www.ednh.news. Agenzia Nazionale Stampa Associata)