Bruxelles – Il coraggio di chiedere aiuto e il dovere sociale di tendere una mano. Ancora segnata dalla pandemia, l’Europa esce allo scoperto sulla salute mentale, svelando la sua strategia da 1,23 miliardi di euro per dare voce all'”epidemia silenziosa” dei disturbi psicologici con i quali oltre una persona su sei nel Continente – più di 84 milioni di cittadini – si trova a fare i conti. Numeri “drammatici”, nel quadro offerto da Bruxelles, e “in peggioramento” ovunque – Italia compresa – dopo gli anni di isolamento e angoscia portati dal Covid. A esserne toccata è l’intera società e, con particolare durezza, i suoi giovani. Gettati in pasto ad un mondo, anche professionale, fatto di “crescenti pressioni e sfide” che, nella fragilità dell’età formativa, li trascinano in alcuni casi fino al suicidio, diventato “ormai la seconda causa di morte” tra i ragazzi tra i 19 e i 25 anni.
Il disagio psichico in aumento – è l’assunto dal quale è partito il lavoro della commissaria Ue per la Salute, Stella Kyriakides, per oltre trent’anni psicologa clinica con una specializzazione in psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza – “non viene dal nulla”. Al contrario, è intrinseco alla società odierna. Segnata dai più svariati “stress” che, ha evidenziato il vicepresidente Ue, Margaritis Schinas, negli ultimi tre anni si sono moltiplicati con “la pandemia, il costo della vita in aumento, le trasformazioni radicali del mondo del lavoro, la crisi energetica, la guerra in Ucraina”. Nell’epoca pre-Covid già oltre il 7% degli europei soffriva di depressione, e il 13% si sentiva solo per la maggior parte del tempo. Una sofferenza che è raddoppiata al 26% durante la pandemia, alimentata dalla “riduzione delle interazioni sociali, preoccupazione per la propria salute e quella dei propri cari, incertezza per il futuro, ansia causata dalla paura della perdita”. Tutti disturbi “da stress post-traumatico” che, scandisce Bruxelles, hanno eroso la salute mentale con un dolore che si declina in “ansia, paura, angoscia, fobie e autolesionismo”. E che non risparmiano nemmeno bambini e giovani, alle prese più di altri anche con i problemi legati alla realtà tech e dei social. In Italia a soffrire è un minore su quattro, mentre altre statistiche Ue mettono in luce la portata del dolore: “Nel 2020, dieci decessi ogni 100mila cittadini europei sono stati causati dal suicidio. Tra i giovani, è la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali”. E nemmeno la sfera professionale è immune, con il 27% dei lavoratori che riferisce di aver sofferto di stress, depressione o ansia all’interno dei confini di una realtà cambiata tra smart working e diritto alla disconnessione non sempre rispettato.
Cifre dietro le quali “si celano milioni di storie personali”, e davanti alle quali Palazzo Berlaymont ha messo a punto il suo piano di sostegno all’azione dei Paesi membri. Che – indicano le linee guida Ue – devono puntare a prevenzione, cure e terapie a prezzi più accessibili, un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, tutela di bambini e adolescenti, ricerca, attenzione ai più vulnerabili, dai malati di cancro alle vittime di tratta, dagli anziani ai rifugiati ucraini. Un’azione sulla quale Roma è al lavoro con una proposta di legge sull’istituzione della figura dello psicologo di base, oltre all’implementazione dell’approccio One Health. I finanziamenti Ue saranno resi disponibili attraverso i fondi di coesione Fse+ e Fesr e Horizon Europe. La strategia è, negli auspici di Bruxelles, un primo passo per “mettere la salute mentale alla pari di quella fisica”. Eppure, nonostante gli sforzi di sensibilizzazione, la strada per elevare al giusto rango i problemi mentali e le relative terapie appare lunga. Perché, ha osservato Kyriakides, davanti a questo tipo di dolore “si teme lo stigma” e si pensa a “un fallimento personale”. La fatica viene spesso “nascosta” e invece, ha spronato la commissaria, dovrebbe essere tirata fuori per poter essere accompagnata. L’Ue “sta aprendo le sue porte” per tendere la mano e, a chi soffre, la psicologa cipriota ha trasmesso un invito, prendendo in prestito le parole della celebre ‘Help!’ dei Beatles: chiedere “aiuto” per “rimettere i piedi a terra”.
(Fonte: www.ednh.news Agenzia Nazionale Stampa Associata)
3 risposte
Spero molto che questi passi vengano fatti e siano solo i primi perché tutti, nel corso della vita, possiamo perderci, sentirci soli e fragili e avvertire quel vuoto dentro che toglie significato alla stessa vita. Avere qualcuno che sia lì pronto ad ascoltarci e supportarci durante quella tempesta, è fondamentale. Altrettanto lo è far passare il messaggio che la salute mentale incide molto su quella fisica e viceversa e va trattata con lo stesso rispetto, la stessa serietà e dignità.
La salute mentale e fisica sono strettamente interconnesse, e trattarle con il medesimo rispetto e serietà è fondamentale per il benessere complessivo delle persone. È cruciale avere un sistema di supporto in grado di ascoltare e aiutare durante momenti di difficoltà perché chiunque, chi più chi meno, si trova spesso ad affrontare ostacoli che richiedono un aiuto serio e ponderato. Speriamo che vengano proposte più iniziative per far sí che la consapevolezza sulla salute mentale e l’accesso alle risorse necessarie per affrontarla siano divulgati al meglio.
… Anche se poi, alla fine, l’unica persona che devi saper ascoltare, è quella che hai dentro!