Il diamante è una pietra estremamente dura estratta dal buio della roccia e portata alla luce. In alcuni casi la sua estrazione è complicata. I giacimenti possono essere in luoghi remoti e tirare fuori tanta bellezza può richiedere un lavoro lungo, faticoso e complesso.
Il diamante ha tante facce, diversi tagli e vari colori. La sua purezza è legata alle imperfezioni.
Trae il nome dal greco ἀδάμας “indomabile”, appunto per la sua principale caratteristica. È inattaccabile dalla massima parte degli agenti chimici più energici.
La sua capacità di rifrazione è talmente elevata da emettere una lucentezza enorme e riflettere tutti i colori dell’iride. Come se emettesse una luce propria.
Sono così tutte le donne descritte da Ozpetek nel suo “Diamanti”.
Sono dure, resistenti, difficili in alcuni casi da scoprire. Con una forza che non sempre sanno di avere. Hanno una luce dentro che permette loro di riconoscere quella delle altre e di riflettere tutti i colori dell’animo umano. Hanno imperfezioni che intaccano la loro purezza, ma le rendono uniche. Sanno nascondersi nelle grotte della loro intimità e riservatezza. A volte rimangono intrappolate nel loro dolore, ma la loro luce, presto o tardi, viene fuori in tutto il suo splendore.
Quando le donne, come nel film di Ozpetek, si guardano, si ritrovano l’una nell’altra, si supportano e si uniscono, andando aldilà della provenienza, della classe sociale, del ruolo familiare. in un’unica forza della natura, nessun agente esterno può domarle.
La poesia con cui Ozpetek ha raccontato l’universo femminile, attraverso tante donne all’interno del film, riesce ad andare oltre il femminismo, il patriarcato, le lotte, i diritti, i cliché.
Dovremmo tutti guardare le donne con i suoi occhi. Vivremmo in un mondo luminoso e colorato. Un universo nutrito dal fuoco che vive in ogni donna; alimentato dal suo coraggio e dal suo cuore che, come i diamanti, ha tante facce, diversi tagli, un peso e con tutte le sue imperfezioni, conserva sempre un grado di purezza.