“Mi piace stare seduta in posizioni sopraelevate per separarmi dal caos ‘giù a terra’ “
In questa intervista su Vite Narranti abbiamo occasione di incontrare Anna Riti, giovane divulgatrice di poesia sui social.
Il Micro UniVerso di Anna
Bentrovata Anna! Permettimi di ringraziarti fin da subito per esserti messa a disposizione. Per iniziare a saperne un po’ di più su di te, mi piacerebbe che ti presentassi. Sentiti pure libera di dire – e di non dire – ciò che vuoi.
Grazie a te, Lorenzo, per avermi contattata. Sono una designer di formazione, che tuttavia ha sempre coltivato una passione per l’arte e la scrittura. Nell’arco del 2024 ho deciso di dare più spazio a questi interessi organizzando una mostra dedicata alla mia produzione artistica (“Mostra di Compleanno”, avvenuta nel febbraio del 2024). Compivo 27 anni e mi è sembrata una buona occasione per condividere con le persone a me vicine i testi che tenevo nel cassetto dal 2018, oltre che alcuni artefatti visivi – una serie di quadri e immagini generate con l’intelligenza artificiale.
Difficile non notare il nickname con cui diffondi i tuoi pensieri su Instagram: @cetrioloalvetriolo. Vista la sua singolarità, ti chiedo se puoi raccontarmi come nasce.
Certo – si tratta di un nickname nato all’inizio della mia pagina Instagram, quando ancora si postavano le foto con gli amici e frequentavo il liceo. Cercavo un nickname che rappresentasse il mio essere a tratti inopportuna – come una verdura dalla forma equivoca, il cetriolo – ma anche fresca e curiosa delle novità. Nel cercare una rima, ho trovato la parola ‘vetriolo’, che ben descrive un altro lato del mio carattere – ovvero l’essere a tratti corrosiva, con opinioni tranchant su argomenti a cui tengo particolarmente.
Chi si imbatte nel tuo profilo penso si accorga fin da subito, in prima battuta, del particolare format con cui esprimi i tuoi pensieri. Ti è cioè usuale arrampicarti su uno scaleo, e leggere, da lì, le tue poesie. Sono quindi curioso di sapere cosa rappresenta per te questo gesto e perché lo fai.
Ci sono diverse ragioni – in primis il fatto che è uno dei pochi angoli da cui posso riprendere senza utilizzare un treppiede: mi basta appoggiare il telefono sulla libreria di fronte, ma dato che l’inquadratura che si ottiene è piuttosto alta ho pensato di arrampicarmi sulla scala per includere la figura intera.
In secondo luogo, mi piace stare seduta in posizioni sopraelevate per separarmi dal caos ‘giù a terra’ – lo facevo da piccola arrampicandomi sugli alberi o cercando posti isolati in cima ai palazzi, oppure sedendomi sul davanzale della mia camera da letto per fumare di nascosto dai miei genitori. Mi dà un senso di pace.
Cosa ti ha attirato al mondo della poesia? È un qualcosa che si è evoluto ed ha preso piede nel tempo, o la hai da sempre?
Ho iniziato a interessarmi di poesia come naturale evoluzione della mia passione per la musica e i testi delle canzoni. Tuttora, mentre scrivo, mi immagino una melodia che dia ritmo e senso a ciò che sto cercando di esprimere. Ho sempre tenuto diari e testimonianze scritte, fin da piccola, ma è dal 2018 che ho lentamente cambiato registro, dalla prosa al verso poetico – anche grazie a spunti e contaminazioni provenienti dal mio trasferimento in città, a Milano.
Le poesie che divulghi trattano tematiche ricorrenti, o hanno il tratto variegato tipico della necessità improvvisa di aver bisogno di esprimersi?
La poesia ha accompagnato la mia maturazione psicologica, dato che l’ho usata spesso come riflessione sui miei stati d’animo e sulle loro fluttuazioni. Il tratto comune è quello dell’introspezione, dato che raramente scrivo di argomenti ‘al di fuori di me’. Suona abbastanza egocentrico, lo capisco – ma in realtà si tratta di indagini su sentimenti e sensazioni che penso possano accomunare molte persone, e che cerco di descrivere a chi mi legge in modo tale da suscitare empatia e riconoscimento.
Perché, secondo te, i tuoi pensieri, le tue riflessioni fuoriescono sottoforma di versi poetici e non in prosa? Cosa ti dà la poesia in più?
La poesia è suono, ritmo, e soprattutto sintesi che permette di dire molto senza sprecare parole, lasciando in sospeso significati che non necessitano di essere esplicitati fino in fondo. Penso che per trattare di alcuni temi la prosa possa essere troppo grafica, inquisitoria. Preferisco mantenermi più delicata, più leggera – per permettere a chi legge di andare a fondo a suo piacimento, includendo nella lettura parti di sé.
Ho notato che scrivi versi sia in lingua italiana che in inglese. L’uso di un linguaggio differente penso che caratterizzi di volta in volta un fluire diverso delle parole, del ritmo e della musicalità. Quand’è che senti che esprimere i tuoi pensieri in inglese sia più appropriato rispetto all’italiano (e viceversa)?
L’inglese è una lingua che sembra all’apparenza più ‘semplice’ dell’italiano, ma che racchiude in ogni suo termine una molteplicità di significati che trovo molto stimolante. La scelta non è consapevole, spesso mi trovo a formulare versi direttamente nella lingua di riferimento e da lì nasce una poesia. Forse la mia poesia in inglese è più cruda, più esplicita – probabilmente per la familiarità con alcuni testi di canzoni mainstream che ci hanno abituati a un determinato uso del lessico.
La tua poesia è specchio di ciò che sei anche nella quotidianità, od è un mondo a parte, che esprime una “te” introspettiva che di solito non emerge?
La poesia mi rappresenta in ciò che non riesco ad esprimere quotidianamente – storie, pensieri, ricordi. Se potessi farmi leggere nel pensiero, ci ritrovereste alcuni degli argomenti di cui tratto nei miei testi. Tuttavia, per me la scrittura è un momento di raccoglimento e rielaborazione, dove ricompongo diversi frammenti per dare loro una coerenza e una direzione quindi mi sento di vertere sull’ipotesi introspettiva, piuttosto che lo specchio della quotidianità.
Hai mai pensato di scrivere un libro che raccogliesse i tuoi pensieri, e di pubblicarlo? Ti domando di raccontare un po’ in proposito, o se hai progetti in merito.
Ho in cantiere alcuni progetti di divulgazione delle mie poesie – non soltanto tramite l’auto-pubblicazione di testi in formato cartaceo, ma anche tramite media diversi come i format video che continuerò a tenere sui miei canali social (Instagram in particolare) e alcune collaborazioni con artisti del mondo audio-visivo. Usciranno molte novità nei prossimi mesi, su questo non c’è dubbio.
Mi piace, a conclusione delle varie interviste, porre questa domanda. Scrivendo anche io ed avendo una mia interpretazione, sono sempre molto curioso di conoscere i punti di vista degli altri, in proposito. Dunque: che cosa è per te la poesia?
Bella domanda! La poesia è, per me, un linguaggio che permette di entrare in contatto e fondersi con l’immaginario del lettore. Ognuno può trovare una sua interpretazione e creare la sua idea di bello a partire da un testo scritto da altri, cosa che attraverso la prosa non è sempre così facile. Da appassionata di lingue straniere, per me la poesia è un linguaggio universale che si esprime per immagini misteriose, grazie alle quali cui ciascuno di noi può riconoscersi e interrogarsi.
La poesia è “linguaggio universale”
Ringrazio nuovamente Anna, anche per la dedizione messa nel rispondere alle domande. Ti rivolgo l’augurio di poter arrivare ovunque tu desideri. Per salutarci, credo che il modo migliore sia quello di far capire chi tu sia davvero, in parte, tramite la lettura di una tua poesia.
CHILDREN IN THE SUN
We were roaming like
Children in the sun
Then, suddenly,
One of us woke up
Nothing was wrong
It just felt not right
Enough to keep dreaming
The same dream
And warmth was gone forever
And hearts stood cold like rocks
And darkness fell on the highlands
Where we no more walked.
Anna Riti