A volte mi capita di fermarmi per lunghi minuti davanti alla zona in cui hanno posizionato tutte le cassette delle lettere di noi inquilini, all’entrata dell’edificio in cui vivo. Leggo attentamente i nomi e i cognomi cercando di indovinare la nazionalità di chi vive con me senza vivere con me: i miei vicini.
Il mio condominio è un mondo intero raccolto in tanti piccoli appartamenti: c’è la Francia, l’Ucraina e altri Paesi dell’Europa dell’est, l’Italia, Paesi arabi, da poco ci ha raggiunto persino la Cina! Per la maggior parte dei casi i contatti si limitano al cortese “Bonjour Madame/Monsieur”, eppure ho la netta sensazione di conoscerli quasi tutti. C’è Svetlana del terzo piano con il marito Boris che tutte le sere portano a passeggio il loro bassotto nero, c’è Morbin anche lui al terzo piano nonché mio collega che vedo molto raramente, Maxime nell’appartamento appena sopra il mio trasferitosi solo da alcuni mesi e che cammina avanti e indietro, non esattamente silenziosamente, nel suo appartamento nel cuore della notte. C’è la mia dirimpettaia Aurelie che incontro poche volte. Come non citare Anastasia del mio stesso piano, a solo qualche porta di distanza. Porta che chiude con grande decisione (vediamola da questa prospettiva!) ogni volta che esce o entra. Poi c’è Matiej, arrivato da poche settimane e che non ha nascosto a noi vicini la sua passione per la chitarra e il canto. E poi c’è il signor Chien, cinese a giudicare dai lineamenti, arrivato pochi giorni fa. Entra ed esce furtivamente dal suo appartamento e, dato che vive proprio a fianco del mio, la mia unica speranza è che non abbia hobby troppo strambi (e rumorosi) da condividere con gli altri abitanti!
È bizzarro perché io ho sempre vissuto in una casa isolata in Italia e quando vivevo all’estero in appartamento evidentemente il sistema di isolamento era nuovo e moderno quindi non sentivo praticamente nulla e nessuno. Da un anno a questa parte invece vivo da sola ma si può dire che in realtà io viva con molte persone. Inizialmente non ne ero troppo entusiasta, poi ho pensato che in fondo in tutto ciò ci fosse quasi un lato buffo, come se mi trovassi più che all’interno di un edificio, all’interno di un libro con tutti i suoi vari personaggi: Maxime, il camminatore notturno, Svetlana la timida proprietaria del bassotto nero, Chien il misterioso vicino di porta, Matiej il musicista ecc.
Vista da questa prospettiva persino i rumori mi disturbano meno (un pochino meno, diciamo così). Però, ironia a parte, sicuramente c’è un aspetto che considero importante: a volte la nostalgia di casa e la sensazione di solitudine entrano quatte quatte da qualche spiffero di porte e finestre ma trovano poca ospitalità perché io in realtà non sono mai sola: ho tutti i miei più o meno rumorosi vicini che condividono con me, probabilmente senza nemmeno pensarci, non solo l’indirizzo ma anche questa esperienza all’estero. In fondo, nel bene e nel male, una cosa è certa: non mi scorderò tanto facilmente di tutti loro (e dei loro “suoni”!).
P.s. Tutti i nomi sopraccitati sono di pura fantasia.
