Il primo passo

L’odore di disinfettante mi sorprende appena varcata la soglia. A destra, la sala d’attesa è deserta. Dietro le porte delle altre due stanze che si affacciano sull’ingresso, un vociare indistinto è l’unico segnale che ci sia qualcuno nello studio.

Mi accomodo su una delle quattro sedie in acciaio e pelle nera. Scelgo quella vicino alla porta finestra. Fa caldissimo qui dentro. Fuori al freddo di gennaio, oggi si è aggiunta una pioggia fina. Mi alzo e giro la maniglia, ho bisogno di aria fresca. La vista affaccia sui palazzi e i loro cortili, mi fermo a guardare un furgoncino che ricorda tanto quello di David, il figlio maggiore della famiglia Bradford.

Impegno la mente a ricordare il nome di tutti i personaggi di uno dei telefilm che ho amato di più. Non funziona: il respiro è ancora corto, spezzato. Mi forzo di allungarlo ed esce un lungo sospiro. Le mani sono ghiacciate e sudaticce, il viso è in fiamme e il cuore è dappertutto. Lo stomaco fa male, un dolore che conosco bene. Sono qui per questo, ma se non aprono quella porta e mi fanno entrare non so quanto potrò ancora resistere. Mi alzo, cammino e respiro, mi siedo, ho la sensazione che le gambe non mi tengano. Ci manca solo che svenga. Vediamo: David, Mery, Jenny, Susan, Tommy, Elizabeth, Nicholas e la biondina come si chiamava? Ora vomito.

“Si accomodi, Natasha”

Una donna magra, in pantaloni e maglia neri, capelli bianchi, lunghi oltre le spalle e un sorriso gentile mi indirizza verso una delle due stanze. Si siede dietro una scrivania come ce ne sono in ogni studio e fa accomodare me nella poltrona davanti.

“Cosa c’è che non va, Natasha?”

Vorrei risponderle che farebbe prima a chiedere cosa va. Ho i brividi e continuo a sudare, non dormo da due mesi e il mattino è una minaccia. Non riesco a stare sola e non tollero più avere gente in casa. Non sorrido da tanto e nulla riesce ad emozionarmi. Non sento niente e questo mi terrorizza.

“Ho bisogno di aiuto”.

Piango e finalmente respiro. La strada è lunga ma il primo passo l’ho fatto.

 

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4 risposte

  1. Decisamente ha bisogno di aiuto. Ma sarebbe anche interessante , come e con quali mezzi venire fuori da questa porzione di “vita narrata”

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