La bizzarra corsa all’angoscia e La Fabbrica dei Drammi degli Autori.
Nell’affascinante mondo (a volte strano) della scrittura, ho recentemente esplorato un fenomeno che sembra caratterizzare molti autori: la bizzarra corsa all’angoscia. Questo concetto, che ho affettuosamente definito “La Fabbrica dei Drammi degli Autori”, si è rivelato un argomento intrigante nella mia serie di “Pensieri a raffica”. In questa breve prospettiva, ho esaminato come gli autori, a volte, si spingano oltre i confini della ragione, cercando di convincere il mondo che il dolore è l’unico carburante per la creatività. Attraverso questo pensiero, ho cercato di gettare luce sulla paradossale convinzione che il tormento sia davvero l’unico percorso verso la realizzazione artistica.
Riflessione N. 892
Ah, l’assurdo mondo degli autori. Si pongono come moderni filosofi maledetti, con quei cappelli calati sulle ventitré; gli occhiali troppo grandi e troppo rotondi; le barbe accademiche; le giacche con le toppe ai gomiti che puzzano di naftalina; le sciarpine di seta; le tracolle di pelle; i gilet tattici da pesca; gli sguardi profondi e le espressioni corrucciate di qualcuno a cui sembra abbiano spremuto un limone in faccia; con quel filo di fumo che sale sinuoso dalla sigaretta stretta tra indice e medio mentre l’altra mano gesticola; con gli immancabili libri stracolmi di note sottobraccio, mai aperti e di cui nemmeno ricordano il titolo; con quell’incedere impalato, petto in alto e spalle indietro, e quella testa che gira in continuazione per assicurarsi che qualcuno stia effettivamente guardando. Personaggi convinti che la sofferenza sia l’unico accesso al Valhalla della creatività, certi di saperne più degli altri e decisi come pochi a voler sondare a tutti i costi la mente umana. C’è da chiedersi se questa gente vissuta abbia con sé un manuale che recita: “se non soffri abbastanza e non ragioni per aforismi, vivere non ha senso”.
Ok, siamo artisti, ma ciò non significa interpretare il ruolo di individui per i quali il tormento è una verità assoluta che eleva al di sopra di chiunque altro. Noi siamo al servizio dei lettori, non il contrario. Il minimo che possiamo fare è creare e intrattenere senza autoflagellarci o flagellare. Niente morale, però. Non siamo mica preti. A nessuno piacciono le prediche. Così come a nessuno piace ascoltare qualcuno che si arroga il diritto di spiegargli com’è che deve pensarla. E se proprio vogliamo dirla bene, a quelli che ripetono che scrivere è sofferenza, io rispondo: non te l’ha mica ordinato il medico di farlo. Tanto vale andare fuori a lavare l’auto.