“Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry – Capitolo IV

Provare a comprendere la vita…

Per non invecchiare.

Al di là della fondatezza della notizia data dall’autore circa l’asteroide B 612 (la veridicità della quale lascio alla ricerca di chi vorrà approfondire), si coglie un dato antropologico importante: per l’essere umano, il latore di un messaggio, le sue apparenze esteriori prima ancora che la sua autorevolezza, risulta determinante per l’accoglienza del messaggio stesso. Diciamocela tutta: non è molto difficile raccogliere consensi quando si mettono in campo le armi del conformismo, con l’aggiunta di un pizzico di trasformismo che pretende di “condire” la vita intera in termini di “misurabilità”.

Il racconto contenuto in questo capitolo evidenzia bene uno dei grandi mali del nostro tempo: il prevalere della quantità sulla qualità riguardo a cose e avvenimenti relativi alle persone e alle loro relazioni. A proposito di questo, qualcuno ha affermato che bisognerebbe considerare che il tempo è superiore allo spazio. In virtù di ciò, anche se non corretto dal punto di vista linguistico-formale, mi piacerebbe, di fronte alla bellezza che ci circonda, che imparassimo a esclamare: “Qual è bella!” piuttosto che “Quant’è bella!”.

La gentilezza gratuita, un sorriso grazioso, la peculiarità di ciascuno non potranno essere mai misurabili attraverso strumenti di rilevazione meccanica, perché se una persona è gentile, se sorride e se manifesta le proprie peculiarità è sempre in rapporto alla soggettività di almeno un’altra persona e non alla presuntuosa oggettività di dati freddi che spengono la capacità e la voglia di porsi e porre delle domande al fine di continuare a conoscere e a comprendere la vita o, almeno, provarci.

Puntare sulla qualità, dunque, non è assecondare l’atteggiamento settario del “numero chiuso” o l’esasperante apparire di quelli per i quali contano solo i grandi numeri. La qualità è ciò che, per esempio, fa apprezzare l’umanità del sentimento della nostalgia. La nostalgia non serve a “vivere” in un passato che non c’è più o ad auto-proiettarsi in un futuro che non c’è ancora e che, forse, non ci sarà mai; essa, è necessaria alla comprensione di chi e di cosa è importante nella vita, affinché non invecchi l’interiore giovinezza e per far memoria che per tutti c’è almeno un amico, un’amica, con il quale, con la quale, si desidererebbe invecchiare, anche quando quella persona non c’è più fisicamente o, addirittura, quando non c’è ancora quel qualcuno al quale anela ogni singolo palpito di vita.

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