Pensieri A Raffica: Il Mio Cervello in Evidenza (Riflessione #900)

Me Medesimo: Una Vita Narrante Tutta da Raccontare

Rileggendo quant’ho scritto finora, Fedele Lettore, mi sono reso conto di una cosa: ovvero che non ho mai detto nulla di me che potesse interessarti davvero. In fin dei conti questa è una rubrica che sbircia tra le intercapedini del mio cervello per capire com’è fatto, e non una guida motivazionale che pretende di dire cos’è meglio fare. Ci sono già abbastanza strilloni senza che mi ci metta anch’io a confondere le idee. Per questo motivo, ho deciso di cambiare registro e dare una ventata d’innovazione proponendoti considerazioni basate su chi sono veramente, anziché frasi stereotipate e cliché psicologici. Il mio scopo (come leggerai a breve) sia come persona che come narratore, è distinguermi dalla massa anziché conformarmi a essa.

Riflessione #900

Sono il racconto che si mescola al silenzioso tempo delle parole, una Vita Narrante tessuta tra i sottili fili di una narrazione il cui stile cinico e sardonico si dipana in un universo antitetico che non conosce forma né metodo. Ogni esperienza s’intreccia indissolubilmente ad altre storie, creando una trama unica per nulla adatta a tutti. Osservando, analizzando e traendo conclusioni basate su dati certi, giungo a qualcosa di nuovo ogni qual volta compio un passo decisivo nella direzione che mi sono prefissato di avere come punto di riferimento per far sì che le mie “fatiche” abbiamo un fondamento logico.

Testimone silenzioso di giorni luminosi, ho con me memorie che ballano nel caleidoscopio della mente. Quanto scrivo riflette chi sono stato, chi sono, chi intendo essere e chi erano coloro che nel corso del tempo hanno incrociato il mio cammino, lasciando l’indelebile traccia di un passaggio dal quale ho saputo trarre il giusto monito affinché comprendessi quello a cui mi si chiedeva di rendere conto. Ogni particolare di quanto ho veduto, udito, toccato, annusato e gustato, ha plasmato il tessuto di uno specifico modello narrativo, e temprato la mia persona affinché perseverassi nello scopo a cui tutt’oggi sto ancora dedicandomi.

Viaggiatore in un labirinto linguistico, nei cui vicoli regole e consuetudini tentano di sbalordirmi come certi imbonitori propongono merce di dubbia fattura agli ignari visitatori che troppo spesso ripongono una fin troppo disperata fiducia nella correttezza e nella rettitudine dei propri simili, proseguo nella spensierata ricerca di una singolarità. Le mie storie sono irriverenti strumenti d’osservazione, chiavi per aprire porte verso comprensioni più profonde e non convenzionali dell’assurda realtà in cui manovro. Ogni svolta è l’ennesima occasione, una condizione di crescita e scoperta per capire come funzionano certe cose. Con i giusti mezzi, mi diverto in un mondo tutto mio.

L’esistenza (una parola grossa, me ne rendo conto, ma essenziale, Fedele Lettore, affinché io riesca a farti capire il contesto nel quale intendo condurti); l’esistenza, dicevamo, con le sue sfide e i suoi trionfi, è una cronaca il cui finale è di là da venire. Stampate su carta ingiallita (il cui aroma inebria come certi profumi di certe ragazze che non lesinano nello spropositato uso di effluvi aromatici per irretire i sensi del povero malcapitato di turno), ogni lettera, sillaba, termine, frase e paragrafo sono note che compongono i passaggi di una sinfonia con la quale comunico il mio essere.

Nel corso degli anni ho appreso che la bellezza della narrazione risiede nella varietà, oltre che nell’impronta individuale di chi s’appresta a essa. Sono il narratore di racconti d’amore e perdita, e di gioie effimere e terrori persistenti. Ciò nonostante, essere una Vita Narrante è anche una bella responsabilità. Ogni parola che pronuncio, infatti, contribuisce alla costruzione della mia personalissima vicenda. Così come i modi definiscono l’uomo, le storie scritte tracciano i contorni di chi sono. Consapevole della potenza delle parole, dal momento che è con esse (e grazie a esse) che educo e influenzo il corso degli eventi, agisco.

Essere una Vita Narrante, per me, significa accettare l’impermanenza delle cose, poiché ogni momento è fugace e ogni episodio è destinato a evolversi. La mia voce riverbera in un territorio fertile d’opportunità, rimanda l’eco di quel che è stato e prelude quel che sarà, ovvero qualcosa che voglio risuoni nell’eternità.

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