“I promessi sposi” di Alessandro Manzoni – Introduzione

Scrivere: resilienza, ricerca, rischio…

Alessandro Manzoni, nell’introduzione al suo romanzo “I promessi sposi”, ci consegna un triplice insegnamento sul giusto approccio alla nobile arte di scrivere.

Inauguriamo, dunque, questa nuova rubrica riflettendo insieme su tre passaggi fondamentali per uno scrittore. Li indico, sinteticamente, con tre “r”: resilienza, ricerca, rischio. Ognuno di questi si riferisce a un pensiero, che il nostro autore riporta nell’introduzione alla sua opera.

Resilienza:

“Ma, quando io avrò durata l’eroica fatica di trascriver questa
storia da questo dilavato e graffiato autografo, e l’avrò data,
come si suol dire, alla luce, si troverà poi chi duri la fatica di
leggerla?”.

È un principio “ispirazionale”, che chiunque voglia mettere nero su bianco qualcosa da condividere con gli altri deve tenere ben presente. Si tratta della capacità – mi si perdoni il gioco di parole – di resistere, con lieta pazienza, alle resistenze che ogni scrittore prova nel cimentarsi all’antico e sempre nuovo artigianato della scrittura condivisa. È davvero una dura fatica mettere a parte gli altri dei propri pensieri mediante la scritta parola, e verrebbe da chiedere ad Alessandro: Non è che anche tu hai saggiato l’amarezza di quel fenomeno oggi denominato “blocco dello scrittore”? Chi o cosa ti ha spinto a superarlo gravato, com’eri, dalla doppia fatica di riscrivere una storia già scritta? Vale davvero la pena dare alla luce un’opera, affrontare i gravami del “parto” per uno scritto che non sapevi se qualcuno si sarebbe preso poi la briga di leggere?

Ricerca:

“Taluni però di que’ fatti, certi costumi descritti dal nostro
autore, c’eran sembrati così nuovi, così strani, per non dir
peggio, che, prima di prestargli fede, abbiam voluto
interrogare altri testimoni; e ci siam messi a frugar nelle
memorie di quel tempo, per chiarirci se veramente il mondo
camminasse allora a quel modo”.

È un principio “esperienziale”, che, aggiungendo fatica a fatica, si declina nella ricerca delle fonti e, perciò stesso, alla ricerca della realtà e della verità dei fatti. Caro Alessandro, quanto abbiamo da apprendere dal tuo approccio alla scrittura, fatto di perplessità, di serietà, di verità. Nell’epoca della cosiddetta “Intelligenza artificiale”, grande risorsa ma anche grande rischio, come potrebbe l’umanità custodire la sobrietà per interrogare le fonti, senza appagarsi di uno scriteriato credere alla prima cosa che si sente o che si vede?

Rischio:

“Veduta la qual cosa,
abbiam messo da parte il pensiero, per due ragioni che il
lettore troverà certamente buone: la prima, che un libro
impiegato a giustificarne un altro, anzi lo stile d’un altro,
potrebbe parer cosa ridicola: la seconda, che di libri basta uno
per volta, quando non è d’avanzo”.

È un principio “sensazionale”, che, mescolando consapevolezza e umiltà, accantona l’anticipata risposta alle possibili critiche e, contestualmente, si espone al rischio di sentirsi, o esser giudicato, ridicolo. E tu, Alessandro, che ci ricordi la sapienza di fare una cosa per volta, leggere un libro alla volta (magari una pagina al giorno), sappi che l’originalità stilistico e contenutistico del tuo romanzo non è per noi un avanzo, se non della tua rara e, perciò profetica, capacità di resistere e di ricercare e di rischiare, per trascrivere la storia di un promesso amore. Ciò fa te di un genio narrante!

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