Della bene-detta ignoranza…
Il titolo di questo commento combina due stili: il primo, ormai da secoli tramontato, secondo il quale un autore “battezzava” la sua opera con una denominazione che piuttosto di puntare a “fare colpo” sul lettore andasse dritta al cuore della questione ivi trattata (i latini direbbero “in medias res”); il secondo, invece, molto in voga oggi, è quello di porre una contraddizione in termini: è illogico considerare l’ignoranza “benedetta”.
La premessa appena fatta serve a raccogliere le potenzialità della frase che segue; essa è pronunciata da un giurisconsulto (che non a caso porta il soprannome di “Dottor Azzecca-garbugli”), quando Renzo, con il cuore rotto e con in mano due capponi come compenso, dietro consiglio di sua suocera Agnese, si reca da lui per presentargli quella così triste questione. La sentenza è la seguente:
“Benedetta gente! siete tutti così: in vece di raccontar il fatto, volete interrogare, perché avete già i vostri disegni in testa”.
Si tratta di parole che dovrebbero far accapponare la pelle, perché escludono qualsiasi empatia, da parte di chi fa il faccendiere per mestiere, nei confronti di un animo tanto esacerbato. L’esclamazione con la quale il dottore apostrofa Renzo, veicola giusto il contrario di un parlare bene-dicente e manifesta tutto il suo disprezzo nei riguardi di chi, per un’incolpevole mancanza d’adeguata istruzione, non può parlare per affermazioni, ma soltanto per interrogazioni.
Si è di fronte a quella “dotta” ristrettezza mentale che non riconosce gli altrui modi e tempi d’espressione, i quali abbisognano di comunicare le proprie istanze ponendosi e ponendo delle domande. Infatti, è proprio di un’ignoranza sana-mente ribelle tentare la via sinuosa ed enigmatica del “punto interrogativo”, piuttosto che imitare, scimmiottandola pateticamente, la rigidezza del “punto esclamativo”.
Inoltre, poiché si parla sempre un po’ di sé stessi (soprattutto quando si parla degli altri), qui è il dotto ad avere già in testa quanto tempo dedicare all’interlocutore “ignorante” e come sbrigarsela con lui, prima ancora di apprendere il fatto dalle sue labbra.
Solidali con Renzo, e con la dignità di chi è chiamato a tenere sempre la schiena dritta e lo sguardo umile nei confronti di qualunque interlocutore, si potrebbe interrogare il dottore in questi termini: Lei lo sa che la sua sapienza sarebbe stolta, senza la pazienza di essere interrogata? Se avesse l’umiltà di ascoltare, mettendo a tacere il suo presuntuoso e pretestuoso parlare, s’accorgerebbe che di fronte a lei si trova un caso di dotta “ignoranza”. Questa non consiste in un attentato alla sua preparazione culturale o in un suo deprezzamento, ma le indica la via maestra percorsa da chi sa di non sapere. Se lei permetterà al signor Renzo di far dialogare le proprie domande con le affermazioni da lei fatte, allora la sua umanità si troverà arricchita di una nuova capacità di ascolto, di orizzonti ampliati e di un parlare che sarà accolto da tutti come quello di chi i garbugli non li “azzecca”, ma li scioglie, mediante un bene-dire narrante.