“I promessi sposi”, di Alessandro Manzoni – Capitolo VII

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il sogno…

“Tra il primo pensiero d’una impresa terribile, e l’esecuzione di essa (ha detto un barbaro che non era privo d’ingegno), l’intervallo è un sogno, pieno di fantasmi e di paure”.
Il sogno, che qui viene descritto, definisce un’esperienza dai contorni “terrificanti”: un incubo. L’effetto collaterale di quest’ultimo, il più difficile da gestire, è legato al fatto che esso avvenga ad occhi aperti. Fantasmi, e conseguenti paure, qui, non sono lugubri apparizioni notturne, ma vere e proprie esperienze di terrore che paralizzano il pensiero e fanno della paura la padrona assoluta della vita.
Sarebbe stato un ottimo psicoterapeuta questa persona (ritenuta “barbara”, ovvero “straniera” e “sconosciuta” per la cultura del tempo di chi ha riportato questa massima), ricca di una nobile umanità. Immaginando, dunque, di essere in “terapia” da lui (e chi non ha bisogno, oggi più che mai, di un supporto psicologico, ovvero di essere consigliato e guidato?), gli si potrebbe rivolgere alcune di quelle domande che inquietano il vivere quotidiano.
Caro, “barbaro saggio”, la forza di questa tua affermazione è percepibile a chi ascolta e/o legge queste cose, perché, probabilmente, ciò che esprimi con le tue parole è stato anticipato da un’esperienza che hai vissuto sulla tua pelle. Abbiamo, allora, l’ardire di chi osa con discrezione e ti chiediamo: Qual è stato il tuo primo pensiero circa l’impresa più importante della tua vita? Anche per te, in mezzo, c’è stata la paura? Sei riuscito, nonostante questa, a portarla al termine? Cosa hai da dire a chi vede tramutarsi i suoi sogni in incubi e l’itinerario della sua vita in uno scenario d’incompiutezza?
Sembra sentirti rispondere:
“Come un cattivo attore sulla scena che, preso dalla paura dimentica la sua parte, oppure come una furia gonfia di troppa rabbia
che sfinisce il proprio cuore per impeto eccessivo, anch’io, sentendomi insicuro, dimentico di dire l’esatta celebrazione del rito d’amore, e alla sommità del mio amore mi sembra di cadere schiacciato sotto il peso della sua potenza. Siano allora i miei versi l’unica eloquenza e i muti messaggeri della voce del mio cuore, che supplica amore e attende ricompensa ben più di quella lingua che sempre di più parlò. Ti prego, impara a leggere cosa ha scritto un silente cuore: sentire con gli occhi è fine intelletto d’amore (https://www.margutte.com/?p=16639).
Non solo Lucia e Renzo, ma chiunque si sia promesso a qualcuno, o ripromesso qualcosa, ha bisogno di confrontarsi con personalità “letterarie” dal così fine e profondo intelletto, come collaboratori al compimento del proprio sogno di bellezza, di bontà e di verità, per la costruzione di una realtà narrante.

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