Se cado, rialzami…
Come annunciato nella riflessione precedente, riprendiamo l’argomento della “correzione”. I puntini sospensivi, che introducono la citazione scelta per questo commento, suggeriscono un’utile ripresa del contesto della frase – che dà voce a quanto si muove nell’interiorità di Renzo -, la quale suona così:
“…di tanti visi, non ce n’era uno che sembrasse dire: fratello, se fallo, correggimi, che l’avrò caro”.
Poiché è vero che, spesso, risulta difficile trovare qualcuno che sia disposto a essere corretto nelle sue “cadute” rispetto a uno stile squisitamente umano, come è anche raro scorgere nei nostri orizzonti esistenziali chi voglia assumersi il rischio di correggere chiunque, invece, sia “caduto”, è possibile confrontarsi con alcuni testi che facciano da specchio circa l’importanza della correzione, sia “in entrata” (“da ricevere”) sia “in uscita” (“da dare”, come un dono, più che “da fare”, come una prestazione).
La possibilità di questo “specchiamento” si può cogliere in alcuni testi sapienziali della cultura semitica, che racchiudono sentenze proverbiali, “facilmente” sottoscrivibili dall’universalità degli esseri umani, di ogni luogo, di tutti i tempi, a qualsiasi cultura e/o culto essi appartengano. Questi “proverbi” sono posti in un ordine che aiutano a elaborare il processo dello “specchiarsi”, che è finalizzato ad addestrare alla maturità di saper essere corretti e alla responsabilità di correggere. A questo scopo, dopo ogni citazione, ci sarà una piccola nota sotto forma di domanda.
“Ascolta il consiglio e accetta la correzione, per essere saggio fino al termine della tua vita”.
L’ascolto è l’antidoto alla presunzione di voler fare sempre, e a tutti costi, tutto da soli, senza prendere nemmeno in considerazione l’ipotesi del confronto con qualcuno. E tu (anche chi scrive si chiede questo e quanto segue con te), quante volte sei stato così “stolto” da escludere quei consigli che sarebbero serviti a prevenirti da quei mali, che accorciano la vita?
“Apri il tuo cuore alla correzione e il tuo orecchio ai discorsi sapienti”.
La parola di qualcuno che parli in modo disinteressato, per il nostro bene e non per il proprio tornaconto personale, è quanto favorisce la codificazione dei meri suoni acustici in una “discesa” cordiale di quelle stesse parole nelle pieghe più intime di noi stessi. Quante volte, tuttavia, pur comprendendo quanto ti veniva detto come verità, il tuo cuore si è, di fatto, indurito, dirigendoti in direzioni del tutto opposte a quanto poteva farti davvero bene?
“Cammina verso la vita chi accetta la correzione, chi trascura il rimprovero si smarrisce”.
Il camminare è segno di una vitalità, e si oppone alla staticità, la quale, spesso, ha a che fare più con ciò che uccide che con quanto rende davvero vivi. Nella tua “segnaletica” esistenziale, riconosci almeno una persona e/o un’esperienza che siano servite come bussola per orientarti, piuttosto che come occasioni che ti abbiano mandato fuori strada nella vita, facendoti provare le vertigini dello smarrimento, non solo fisico ma del senso – come direzione e come sapore – stesso della vita?
“Chi rifiuta la correzione disprezza se stesso, ma chi ascolta il rimprovero acquista senno”.
Esistono tante idee “strane” circa l’esercizio della libertà individuale e l’amore per se stessi: ciò che distrugge l’altro non è libertà, ma dispotismo e ciò che distrugge sé stessi non è amore, ma è disprezzo. Ti è forse capitato, qualche volta, che il rifiuto oppositivo e ostinato, da parte tua, di una correzione t’abbia permesso di avere un approccio “migliorato”, sapienziale, alle cose della vita?
“Perché mai ho odiato l’istruzione e il mio cuore ha disprezzato la correzione?”.
Questa asserzione appare come una presa di coscienza da parte di un individuo, che, alla fine, facendo i conti con la realtà, deve ammettere i suoi errori; l’umano “errare”, infatti, deriva quasi sempre da una mancanza di consapevolezza, amaro frutto del rifiuto di lasciarsi istruire sulle verità fondamentali della vita e, di conseguenza, di mettersi alla scuola di una parola correttrice. Oltre eventualmente che nell’istruzione scolastica, in quali ambiti ti riconosci carente, mancante in umanità?
“Chi corregge un altro troverà alla fine più favore di chi ha una lingua adulatrice”.
Nessuno gode, normalmente, delle conseguenze del suo aver corretto qualcuno, a meno che non si tratti di un rinsavimento della persona che ci si era prefissi di recuperare mediante la parola correttrice o l’atto correttivo. Non manca, tuttavia, chi abbia sperimentato che la persona destinataria della correzione sia tornata altre volte, per farsi correggere ancora: chi si sottopone a tale intervento curativo ne raccoglie un gran bel frutto di libertà. A quali “lingue” adulatrici dai ancora retta, dopo esserti già tante volte “rotto” la testa?
Se scegliessimo di dedicare un po’ di sano tempo a noi stessi, magari provando a scrivere le risposte a queste domande, la nostra riflessione ne potrebbe essere arricchita e, forse, cominceremmo a capire da noi stessi quali sono gli errori fatti o da evitare. Con te, caro Renzo, che tante volte, come me, hai avuto bisogno di essere corretto, mi faccio fratello, disponendomi ad aver cara ogni ulteriore correzione da ricevere, ma anche da dare, accogliendola e donandola come se fosse una carezza d’umanità, quale carità narrante.
2 risposte
Spesso non vogliamo ascoltare il consiglio di chi ci vede che stiamo facendoci del male o che le nostre scelte non sono le più “giuste” per noi. Anche nella consapevolezza che c’è del vero e del buono in quel consiglio.
Allo stesso modo, non riusciamo sempre a dare un consiglio onesto a chi crediamo stia percorrendo una strada sbagliata. Pensiamo che il nostro parere possa essere sentito come una lezione o un giudizio e preferiamo tacere.
Ma non dovremmo, con cuore e mente aperta, confrontarci e supportarci l’un l’altro? Cosa ci limita? Grazie per la riflessione
Grazie. È vero, molto spesso a limitarci sono l’invidia e la rivalità, ma tra questi due poli disgregativi di ogni relazione, vi passano la paura di mostrarsi per quello che si è, la gelosia delle proprie idee e del proprio tempo, la paura del giudizio altrui, la pigrizia, la fretta e, infine, la non accettazione della verità.