L’unione fa la forza, nel bene e nel male…
Il fuggitivo Renzo si trova ad ascoltare le parole pronunciate da un mercante di Milano, che legge, a suo modo, gli eventi occorsi e inventa il seguente esempio:
“Sapete che è come quando si spazza, con riverenza parlando, la casa; il mucchio del sudiciume ingrossa quanto più va avanti. Quando parve loro d’esser gente abbastanza, s’avviarono verso la casa del signor vicario di provvisione…”.
La “materia” del paragone offerto diventa inevitabilmente anche l’espressione di un giudizio negativo rispetto a quegli accadimenti; non dice: “come ogni goccia contribuisce a formare il mare…”; infatti, se il suo parere circa gli avvenimenti fosse stato del tutto positivo, avrebbe potuto dire: “come tanti grani formano un solo pane…”. E, invece, no! Quel gruppo di uomini che protesta per il pane, viene paragonato a un mucchio d’immondizia, man mano che vi si aggiungono altre persone. Sarebbe interessante, d’altronde, interrogare coloro che ancora oggi combattono per il pane, al fine di analizzare con quale metafora essi descriverebbero la loro unione.
“L’unione fa la forza!”. Ma l’unione di questa gente è per il bene o per il male? Si potrebbe concludere che “il fine non giustifica i mezzi” e che, dunque, il fine buono della richiesta del pane non debba offrire argomenti che legittimino atteggiamenti criminali. D’accordo, tuttavia, nei panni di chi ha fame, non si possono risolvere in maniera così generica e automatica le cose. La gente non può “mangiare” o, meglio, “bersi” discorsi buoni per sopravvivere, non può saziarsi di argomentazioni formalmente corrette, ma inconsistenti ai fini della soddisfazione dei bisogni primari!
Si potrebbe dire, allora, che la necessità di raggiungere un fine buono crea una solidarietà che, assume, le stesse caratteristiche di sopraffazione di chi quel bisogno lo nega per il soddisfacimento dei propri interessi di parte. In fondo, chi sottrae un diritto così essenziale alla vita, non può tacciare di sovversione un’unione che non sarebbe nemmeno nata se ci fosse stato chi avesse adempiuto il dovere di non far mancare il pane!
Nessuno, o quasi, in linea di principio, condivide modi violenti di agire – e chi scrive è tra questi -, ma davvero pochi cercano di immedesimarsi in quella fame che grida giustizia, perché lo sforzo maggiore diventa quello di procurarsi quanto dovrebbe essere garantito a tutti, invece di essere investito per la cura delle proprie relazioni. Possiamo, dunque, concludere, che, di fronte a una situazione di estrema ingiustizia la gente cerca di prendersi come può quello di cui ha bisogno e non si può biasimarla: chi di noi non farebbe la stessa cosa, nella medesima situazione?
L’unione che fa forza nel male è quella di chi depriva del necessario i poveri, non quella di chi non riesce a essere unito intorno a fini buoni, perché gli si sta rubando la vita giorno dopo giorno – e per essere più concreti -, pasto dopo pasto, di pezzo di pane sempre più razionati, per tenere nella schiavitù della fame e dell’insicurezza chi non trova disponibile nemmeno più le briciole della propria inalienabile libertà!
Dare a ciascuno la possibilità di ricevere secondo il suo proprio bisogno, significherebbe rovesciare le sorti dell’umanità dal sudiciume di una sopravvivenza stentata e a servizio dei “poteri forti”, alla fortezza di una bontà da spezzare con tutti, fragrante e profumata, come un pane narrante.