Chiedere aiuto nelle angustie…
Ogni azione ha la sua conseguenza e il dormir di Renzo, reso ancor più profondo dal vino che aveva da smaltire, gli costa l’essere risvegliato bruscamente da coloro che, forti della soffiata dell’oste, lo accusavano di aver rubato pane e, persino, di sedizione. La frase che segue è riferita proprio a un rappresentate della giustizia dell’epoca, definito “notaio”, il quale temeva che, una volta catturato, Renzo gli potesse sfuggire. La sentenza manzoniana recita così:
“Ma è una tendenza generale degli uomini, quando sono agitati e angustiati, e vedono ciò che un altro potrebbe fare per levarli d’impiccio, di chiederglielo con istanza e ripetutamente e con ogni sorte di pretesti; e i furbi, quando sono angustiati e agitati, cadono anche loro sotto questa legge comune”.
Questo notaio fa parte di quella schiera di furbi che scoprono di essere vulnerabili e che, per questo, non riescono, loro malgrado, a essere esenti dalle stesse angustie agitate e agitazioni angustiose di chi potrebbe trovar il modo di fregarli. Sarebbe inutile mettersi a processare le intenzioni di quest’uomo: in fondo, poteva essere anche convinto di star compiendo soltanto il suo dovere e, magari, da un certo punto di vista – anche se attraverso modi sbagliati e nei confronti di una persona divenuta d’improvviso il capro espiatorio dei tumulti che si erano avuti – stava solo svolgendo il suo lavoro in modo “diligente”.
Sarà capitato, forse, a chi legge, di sentire quel proverbio che recita: “Si catturano più mosche con una goccia di miele che con un barile d’aceto”. Ecco, dunque, che il notaio giunge a chiedere aiuto addirittura a colui che vuole tenere in pugno, e lo fa attraverso parole di adulazione, che toccano le corde dell’amor proprio dell’altro, pronunciate con un sottile tono di minaccia nei suoi confronti. Il risultato è che le due menti astute cercano di guadagnare tempo e terreno per condurre l’altro dove vogliono; così, chi sta catturando attraverso nascosti abusi di potere rischia di rimanere imprigionato nella simulata obbedienza del catturato. Dunque, il notaio vuole trattenere Renzo, il quale, invece, vuole fuggire, ed entrambi pensano di avere ragione! Non è, forse, questa un’angustia senza vie d’uscita? E chi rischia di andarci a rimettere non è ancora una volta chi si trova in una posizione di svantaggio? Sono queste domande che accompagnano quei momenti estremi dell’esistenza, in cui o ci si arrangia da soli, rischiando di peggiorare la situazione, oppure trova spazio un’apertura, o una chiusura, alla dimensione trascendente che accompagna la condizione umana di bisogno e/o di paura.
Infine, si potrebbe trovare aiuto nella stessa persona che si vorrebbe “trattenere”, ma aggiungendo l’ingrediente segreto dell’umiltà, sinonimo di umanità, nel lasciare all’altro il tempo di esporre le proprie ragioni e muovendosi nello spazio del compimento del proprio dovere, senza intaccare l’altrui dignità. Signor “notaio”, se lei avesse trattato con un pizzico di umanità in più Renzo, quest’ultimo, pur riconoscendosi innocente, avrebbe potuto aprirsi alla speranza di poter essere ascoltato e magari di ricevere giustizia. Ma si sa che le cose in questo mondo funzionano diversamente… Chi, dunque, farà a Renzo il dono di una giustizia narrante?
