“I promessi sposi”, di Alessandro Manzoni – Capitolo XX

Un cuore di carne…
Lucia, ingannata, come conseguenza di tanti malevoli intrighi, si ritrova nel castello dell’Innominato. La ragazza era stata rapita con la complicità di Gertrude e la spedizione, commissionata da don Rodrigo e condotta da un certo Nibbio, era stata ordinata dallo stesso Innominato.
Questo capitolo sembra scandito da due poli: la supplica di Lucia nei confronti dell’Innominato, affinché la liberasse, e lo sconvolgimento interiore, provato dal sequestratore, sin dall’emanazione del suo ordine.
Quasi come discriminante tra i poli appena descritti, Alessandro, straordinario scrittore dagli accenti pittoreschi, “dipinge” il seguente dettaglio, che funge da commento di sintesi:
“Accorata, affannata, atterrita sempre più nel vedere che le sue parole non facevano nessun colpo, Lucia si rivolse a Colui che tiene in mano il cuore degli uomini, e può, quando voglia, intenerire i più duri”.
Le suppliche di Lucia di essere liberata, sembravano non sortire effetto alcuno e, tuttavia, la scorza del cuore indurito dell’Innominato cominciava a disgregarsi ascoltando le parole proferite da Lucia, quasi fossero un pungolo continuo per la sua tormentata coscienza.
Intanto, i battiti del cuore di Lucia, i suoi respiri, le sue energie fisiche confluivano in un certo sentimento di disperazione; infatti, mentre gli si schiudeva in petto il cuore di carne, l’Innominato appariva ancora più risoluto, a ogni successiva richiesta di liberazione, eppure quella sua inconsueta gentilezza tradiva le sue trafitture d’animo.
Lucia pregava Dio, ma non sapeva che “Colui” era nell’inquietudine provata da quell’uomo sin dai primordi, ovvero in quel sentimento di “stranezza”, che aveva accompagnato la sua entrata in scena nel romanzo.
Innominato, ci è cara la tua esperienza, che ci conferma come non esista al mondo chi non abbia il cuore inquieto, e se a spezzarsi è la corazza della “sclerocardia”, allora vuol dire che anche noi, al par di te, stiamo facendo la progressiva scoperta di essere abitacolo di un cuore di carne, il quale – parafrasando la canzone seconda classificata di Sanremo 2025 – desidera pochi abbagli negli occhi e troppo amore intorno; amore che si trasfonde in una nobile, gentile, tenerezza narrante.

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