“Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry – Capitolo II

C’è vita in una scatola…

La grande nobiltà della piccolezza

 

Capita che, se cresci senza nessuno con cui parlare, ti possa ritrovare in un deserto senza strade, come Antoine che racconta di un’avaria del suo aeroplano, la quale lo obbligò a fare una tappa forzata nel Sahara. Quando non hai appreso l’arte di dialogare con qualcuno, allora è facile che quanto si sia guastato nel motore diventi un tutt’uno con quello che di rotto, frammentato, risieda dentro di te.

Solitudine, triste e unica sorellastra, precludendoti la possibilità di poter ricevere e dare amore, ti fa essere lontano mille miglia dal vero senso della vita. Una situazione angosciosa dalla quale puoi cominciare a uscire solo se una voce amica ti si fa incontro senza essere stata da te invitata, attesa e sperata (cf l’iscrizione che John Henry Newman teneva sulla porta della sua casa). Una voce “luminosa” e gentile, quasi impercettibile eppure nobile, quella che t’accende dentro uno stupore tale da cambiare il deserto in casa, la fatica in riposo, la fame in sazietà, la sete in soddisfazione, la paura in coraggio.

Qualora un giorno ti dovesse capitare di ricevere una qualche richiesta che apre dinanzi a te scenari “assurdi”, mai contemplati prima dalla tua mente, fa appello allo stupefacente mistero che è la tua capacità di conoscere e accogliere ciò che è nuovo, ciò potrebbe fare della tua vita uno stupendo disegno a più mani. Il confronto con l’assennatezza di chi si presenta piccolo e inerme è, infatti, quanto di più disarmante e arricchente possa capitare.

Tutto il nostro impegno e il nostro miglior impiego di energie, tempi e risorse, spesso, non fa altro che accelerare e dispiegare un processo d’interiore invecchiamento: è una malattia che dissolve, inesorabile, ogni presenza in apparenza. D’altronde, ciò che ci sembra uno scarabocchio da infante, prodotto senza troppa convinzione, può diventare il “contenitore” di un’intima letizia e speriamo che esso non sia, piuttosto, una cassa da morto per quella piccola “scheggia” d’esistenza che ci è dato di vivere. Prendere sul serio le piccole grandi questioni dei “piccoli” di questo mondo, stare al loro “gioco” è ciò che ci permette di far la conoscenza della nobile grandezza delle piccole cose della vita.

 

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